Il Beato Timoteo da Monticchio
Tra gli uomini grandi, che nel secolo XV cooperano alla rinascita spirituale dell’Abruzzo Aquilano, il BEATO TIMOTEO spicca per il suo carattere portato al misticismo ed alla intensità del fervore. Poco sappiamo di lui, ed il poco esporremo in forma piana e scheletrica.
Poco, molto poco, si sa della vita del Beato Timoteo. Lo ricorda lo storico aquilano coevo, Alessandro De Ritiis (Ricci) di Collebrincioni dell’Aquila. Ne esaltarono la vita esemplare, già nel secolo XVI, Mariano da Firenze, Marco da Lisbona e Francesco Gonzaga, Ministro Generale dell’Ordine Francescano. Dietro questi, tutta la agiografia francescana, l’ha sempre venerato come “Beato”;
Nacque intorno al 1444 a Monticchio, piccolo borgo, quasi alla periferia dell’Aquila, sorto sulle rovine della medioevale Forcona, continuatrice dell’antica prefettura romana, Aveia, patria di San Massimo, martirizzato nella persecuzione di Aureliano (sec. IlI), titolare della Diocesi di Forcona e, successivamente de L’Aquila. Frate Timoteo fa il suo tirocinio religioso nel convento di San Giuliano, costruito da un paio di decenni, sul declivio di monte Sant’Anza. Un piccolo insediamento proprio sulla cresta del monte, all’ombra del Gran Sasso d’Italia ed a confine col potente castello di Collebrincioni de L’Aquila. II convento di San Giuliano era allora popolato davvero da santi, sotto la guida carismatica di Giovanni da Capestrano, da poco assunto alla guida di tutta l’Osservanza “cismontana”. Alla sua scuola, si formarono molti Minoriti, tra i quali, Apollonio, l’angelico, Ludovico della Genga, l’umanista, Giovanni da Tagliacozzo, il missionario, Ambrogio da Pizzoli il fedelissimo, Biagio da Vigliano, il testimone della pace fra Lanciano ed Ortona, Alessandro de Ritiis, lo storico, il nostro Timoteo, l’educatore, Vincenzo, il contemplativo della Passione, e il dotto, oratore, missionario e diplomatico, Bernardino da Fossa. Ancora in giovane età , il futuro Beato fu destinato a Campli, con la designazione a “maestro dei novizi” Testimonianza chiara dell’estimazione che godeva tra i confratelli. Quel singolare dono di penetrazione nelle coscienze, la rara dote di discernimento, tanto necessario per una sicura guida spirituale e morale, doveva distinguere il Monticchiese, che era stato destinato al delicatissimo compito di “maestro agli aspiranti alla vita religiosa. II convento di Campli, voluto da San Giovanni da Capestrano e dedicato al confratello santo, Bernardino da Siena, si legò presto alla migliore tradizione francescana per i santi religiosi, che vi furono destinati, attraverso i secoli, a risiedervi ed ivi sacrificarsi. Fu anche elevato a convento di Sacro Ritiro, distinzione per conventi dove incorrotta era la perfetta osservanza della Regola di San Francesco. Vi visse e morì, con larga estimazione di santo , frate Battista, figlio della vedova Antonia da Firenze, che, dopo la morte del marito, venne a L’Aquila e, più tardi, vi fondò il monastero di Santa Chiara “povera”.
Fu, dunque, nella dimora di Campli che il nostro beato Timoteo rifulse per costante esercizio nelle virtù e per singolari doni del Cielo, con conseguenti fatti straordinari ivi accaduti, che gli dettero larga rinomanza di “santo”, come riferiva frate Mariano da Firenze, che scriveva le sue “Cronache” intorno al 1520, a pochi anni dalla morte di Timoteo: “…volò al Cielo il Santo frate Timoteo de L’Aquila, illustre per miracoli”.
Vocazione – La Madonna
Nulla si sa dell’infanzia, della fanciullezza e della vocazione alla vita religiosa. Non siamo lontani dal vero immaginando il fanciullo crescere “in età e grazia” sotto la guida dei buoni genitori, e nutrirsi di filiale devozione per la Madonna, la cui immagine illuminava la modesta ma antica chiesa del borgo. Molto verisimilmente colpito ed attratto dai miracoli di San Bernardino da Siena e dalle vicende e gesta straordinarie di San Giovanni da Capestrano, chiese ed ottenne di seguire il fratello maggiore, Padre Giusto, nella professione della Regola di San Francesco, fra i “fratres devoti”, i francescani, cioè, che seguivano la riforma,detta dell’Osservanza. Era questo il movimento che intendeva richiamare a vita lo spirito e l’ascetismo delle origini del francescanesimo.
Uomo di Dio
Si narra, dunque, che frate Timoteo, celebrando la divina santa Eucarestia per impetrare la perseveranza nella vocazione di un novizio, gli apparve il Signore, assicurandolo della perseveranza del giovane. Ed altra volta, sempre durante la celebrazione della Messa, pregando per una nobil donna in fin di vita, il Signore gli disse che la donna sarebbe guarita, se avesse fatto voto di abbandonare le mondanità e vanità terrene. Quando, poi, attese con impegno alla formazione dei novizi documentano anche i superstiti codici, che egli aveva in uso come guida dottrinale e, diremmo, scientifica: la Leggenda maggiore di San Bonaventura e la Summa confessorum = manuale per i confessori, che aveva per lui trascritti, in bella scrittura, il fratello frate Giusto, com’è dichiarato con annotazioni autografe, che si leggono ancora sui detti codici, attualmente depositati nella Biblioteca Nazionale di Napoli, ivi trasferiti da quella di Sant’ Angelo d’ Ocre, dove il nostro Beato finì i suoi giorni. La sua esimia virtù, i fatti straordinari, di cui si narrava, la sua vita di penitenza, soprattutto, l’amore filiale alla Passione del Signore ed alla Madre santissima, resero Timoteo esemplare e modello di vita per i confratelli e per i fedeli che accorrevano a lui per consiglio, guida, conforto in particolari momenti di incertezze, di tribolazioni, di tentazione.
Lode al Beato
Un devoto del nostro Beato gli dedicò dei versi, in latino ed in italiano, esaltandone la santità ed additandolo quale modello di vita cristiana: “”Brevìs ad beatis patris fratrìs T’ìmothei de ‘Montìculis sacerdotis ordinis minorum observantiae provinciae sancti ‘Bernardini vestigia imitanda”:
“Ode, per imitare le orme del Beato Timoteo aquilano da Monticchio Sacerdote dell’Ordine dei Minori della Regolare Osservanza della Provincia di San Bernardino:
“Qui cupis aethereas facili conscendere in aula semita et aeternum pace manente fruì. Hic sanctum tibi monstrat iter tumidumque per aequor dirigit in portus vela secunda suos… “
“Tu che desideri ascendere con facile cammino alle celesti dimore e godere eternamente la pace. Lui ti mostra il santo cammino e ti guida per il burrascoso mare con vento favorevole ai suoi porti… ” (lib. trad.)
Ed altro verseggiatore, sostando presso l’oratorio silvestre: “Ad oratcrium extra muros locum sanctì juliani.. In superiori nemore”, improvvisava i seguenti versi:
Guarda, o Mortal, se Idio multo è benigno, che oltrà il crear, nel conservar si vale che da pericli salva ogni mortal, purch’ di fede in se sia lacto e il signo.
Ecco il Tìmotbeo suo qual di ciò digno, cu’ rumor spinto dai spirt’ infernale nel fundo, che qui stà, non si fa male, dove cu ‘furia sparve quel maligno.
Non già magior triumph né più ampla gloria exspecta alcun che il merto di sua fede, il ch’ a Timotheo advene: oh che vittoria perché cascando, in Dio fidosse, e in piede levossi san; di poi a pia memoria qui affaticato, il ciel mertò, e possiede.
O quanto è gran mercede l’essere per fè cu’ summi e ampli trphei colcato in fin tra sancti e immortal dei.
Monticchio e il suo Beato
I Monticchiesi venerarono sempre il Beato “Monticulorum gloria”: gloria celeste, loro patrono. Manifestavano il culto verso di Lui con pellegrinaggi devoti alla sua tomba, nella cappella di San Michele Arcangelo, nella Chiesa del convento di Sant’ Angelo d’Ocre, dove era piamente morto, assistito dai confratelli, che continuavano la vita santa della prima comunità di quel convento, donato dal Papa ai frati dell’Osservanza nel 1480. Un fatto singolare sta a significare eloquentemente la mistica presenza del Beato tra i suoi “compaesani”. Nel 1867 sorta una controversia tra Parroco e Massaro, non si tenne la solenne tradizionale processione dal paese al sepolcro del Beato. Il borgo ne subì la dolorosa conseguenza d’un terribile distruttivo temporale. Tutti compresero la lezione, e furono solleciti a rinnovare il “patto” col loro celeste Patrono, che mai più avrebbero trascurato quel pio annuo devoto pellegrinaggio a venerarLo ed implorarne conforto e protezione come ininterrottamente, da secoli si costumò. La Chiesa, per magistero del Pontefice, Beato Pio IX, ne riconobbe la santità, acclamandoLo Beato, nel 1870. Ne aveva promosso la Causa il vescovo de L’Aquila Luigi Filippi, francescano.
A cura del Comitato organizzatore V centenario e del convento di Sant’Angelo d’Ocre tel: 0862. 751396
Testo: Padre Giacinto Marinangeli.
Foto: Maria – Grazia e Ferdinando De Lucia.
Grafica: Cesare De Lucia
Collaborazione del Gabinetto fotografico della Soprintendenza ai Monumenti, L’Aquila. La foto del dipinto del Beato Timoteo in copertina e quelle a pag.4 sono “su concessione del Ministero dei Beni e le Attività Culturali-
Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico per l’Abruzzo di L’Aquila”.